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Eleonora D'Arborea

Eleonora d'Arborea (Catalogna, attuale Spagna, circa 1340 - Oristano, - ), giudice del Giudicato di Arborea, fu il personaggio della politica piů noto della Sardegna del Medioevo.

La sua fama si fonda sull'essere stata l'ultima regnante indigena dell'Isola di Sardegna, il cui trono autonomo piů a lungo resistette alle acquisizioni esterne, e per la sua Carta de Logu, da molti considerata una sorta di carta costituzionale sarda. Gli Aragonesi, successivi dominatori sulla Sardegna, resero omaggio alla legislatrice, estendendo la giurisdizione in cui era applicata la Carta de Logu a tutta l'isola, conservandola in vigore per secoli, fino all'emanazione del Codice di Carlo Felice (il 16 aprile 1827, ormai alle soglie del Risorgimento).

Il significato simbolico che localmente č attribuito alla figura di Eleonora č principalmente focalizzato sulla durata del suo Giudicato, ultimo a cadere in mano straniera. Eleonora č infatti l'ultima reggente di uno stato sardo indipendente (anche il Regno di Sardegna, infatti, malgrado la denominazione della corona, aveva una sede esterna).

Biografia

Eleonora nacque, probabilmente, in Catalogna intorno al 1340 da Mariano de Bas-Serra e da Timbora di Roccabertì, sorella di Ugone e Beatrice; visse i primi anni della giovinezza ad Oristano. Quando nel 1347 morì il giudice Pietro III di Arborea senza discendenti, la Corona de Logu del Giudicato (un'assemblea dei notabili, prelati, funzionari delle città e dei villaggi) elesse giudice il padre di Eleonora Mariano IV, fratello dello scomparso, che resse il giudicato dal 1347 al 1376.

Eleonora sposò prima del 1376 il quarantenne Brancaleone Doria, del celebre casato genovese. Il suo matrimonio rientrava nel piů generale disegno di un'alleanza tra gli Arborea ed i Doria, che giĂ  controllavano vasti territori della Sardegna in funzione antiaragonese. Dopo le nozze, abitò a Castelgenovese (l'attuale Castelsardo), dove nacquero i figli Federico e Mariano.

Sembra ormai accertato che nel 1382 Eleonora abbia elargito un prestito di 4000 fiorini d'oro a Nicolò Guarco, doge della repubblica di Genova, e che questi da parte sua s'impegnasse a restituire la somma nel termine di dieci anni; in caso contrario, avrebbe pagato il doppio. Accessoriamente fu sottoscritta la condizione che, se nel frattempo fosse pervenuto alla pubertĂ  Federico (figlio di Eleonora), la figlia del doge Bianchina avrebbe dovuto sposarlo e, nel caso che tale matrimonio non si fosse potuto celebrare (per causa di morte o altro caso fortuito), l'atto sarebbe diventato nullo. Un simile prestito ad una potente famiglia di Genova, e questa clausola del contratto, segnalano un disegno dinastico di Eleonora la quale, accordando tal credito, insieme mantenne alto il prestigio della sua casata e riconobbe l'importanza degli interessi dei liguri. In piů, pose delle basi concrete per un'alleanza che le avrebbe consentito il ricorso a risorse logistiche e di collegamento (mediante la potente flotta doriana) presso buona parte dei porti del Mediterraneo. In sostanza, si immise con rango paritario nel gioco della politica europea.

Quando però ad un certo punto Ugone III di Arborea si ammalò, e si profilò il problema della sua successione, Eleonora scrisse al re d'Aragona perchĂ© sostenesse le ragioni di suo figlio Federico, piuttosto che quelle del visconte di Narbona, vedovo di sua sorella Beatrice morta nel 1377. Nel 1383 Ugone fu però assassinato nel suo palazzo di Oristano, ed il suo regicidio poteva avere diverse motivazioni e giovare a diversi interessi. Le ragioni esterne essendo quelle degli aragonesi e dei nemici di Arborea, quelle interne potevano individuarsi nel malcontento delle classi dei proprietari e dei mercanti, in reazione al suo atteggiamento autoritario e per le vessatorie contribuzioni (necessarie a mantenere i mercenari tedeschi provenzali e borgognoni, che Ugone aveva assoldati piů che altro per evitare che venissero assoldati da altri) cui erano obbligati. In questo clima di crisi e di malcontento, con l'Aragona giĂ  scopertamente intenzionata a conquistare lì'intera isola, nel 1383 Eleonora scrisse al re una relazione sulle condizioni della Sardegna e chiese appunto che riconoscesse il proprio figlio Federico come legittimo successore di Ugone. Inviò quindi il marito Brancaleone a trattare direttamente col re. Al tempo stesso scrisse alla regina, chiedendogli di intercedere presso il re a favore del figlio perchĂ© potesse così terminare il disordine che regnava nell'isola.

Eleonora intendeva riunire nelle mani del figlio quei due terzi della Sardegna che Ugone, prima della sua uccisione, aveva occupato. Questo disegno insospettì il re, che non ritenne conveniente avere una famiglia tanto potente nel suo regno, tanto piů che non essendoci erede diretto maschio di Ugone, quei possedimenti, "iuxta morem italicum", avrebbero dovuto essere incamerati dal fisco. Brancaleone fu trattenuto col pretesto di farlo rientrare in Sardegna non appena una flotta fosse stata allestita, ma effettivamente era divenuto un vero e proprio ostaggio (e strumento di pressione contro la giudichessa ribelle). Eleonora non si perse d'animo, e confermò la sua politica di guerra: partì all'azione e non appena fece rientro ad Oristano, punì i congiurati e si autoproclamò giudichessa di Arborea secondo l'antico diritto regio sardo, per cui le donne possono accedere sul trono al loro padre o al loro fratello. In pratica, la prassi elettiva era l'opposto dell'infeudazione regia e discordava dalla linea politica aragonese. Gli Arborea si rifacevano invece alla loro antica autonomia di origine alto medievale ed all'esercizio di una piena sovranitĂ  nei propri territori.

Tre sono gli aspetti degni di attenzione nella politica di Eleonora:

  • nella prassi e negli orientamenti di governo la giudichessa si riallacciò direttamente all'esperienza del padre, abbandonando definitivamente la politica antiautoritaria del fratello Ugone III ,
  • la difesa della sovranitĂ  e dei confini territoriali del giudicato, e infine
  • l'opera di riordino e di sistemazione definitiva degli ordinamenti e degli istituti giuridici locali che diede vita alla Carta de Logu.

Eleonora non ebbe mai la visione assolutista del signore che decide da solo al vertice di un'oligarchia senza tener conto delle ragioni del popolo, ma quella invece di chi ritiene di avere la propria legittimazione a regnare proprio nel popolo. Per ragioni politiche, venivano contestati gli stessi diritti alla successione, addotto il pretesto che gli Arborea erano figli "bastardi", ma le ragioni dinastiche sembrarono avere per lei minor valore della legittimazione popolare e, semmai, avrebbero avuto vigore per quella parte dei territori che ricevuti dal re a titolo personale e non per quelli che facevano parte del giudicato. Gli interessi della giudichessa furono legati a quelli dello stato con un nodo gordiano, e fu sempre lei a riportare la legge e l'ordine per porre un freno al dilagare della violenza dei sardi durante la guerra. Le regole, le leggi garantirono la pace, cioč l'ordine nel tempo, il futuro.

Connesso a questo ordine e a queste regole č il tema dell'indipendenza, il dilemma "vassalli o proprietari". E ancora intrecciato a questo il tema della terra e della nazione, del popolo, della gente e del territorio Stato in cui č garantita la terra a tutti, in cui la terra č di tutti. Eleonora fu regina di uno Stato che ebbe la sua legittimazione nel popolo e, unica forse nell'Europa dell'epoca, non aveva fiducia nel re e nell'istituto della monarchia in generale. Si sentì sempre dalla parte del suo popolo e si confuse con la propria gente, ne ascoltò anche di nascosto le ragioni.

Non cedere mai il potere fu per Eleonora un punto vitale. Il potere era veramente la scelta tra la vita e la morte, non solo per sé ma per tutta l'isola. Dopo essere riuscita a completare il progetto del padre di riunire quasi tutta l'isola sotto il suo scettro di giudichessa reggente, tenendo in scacco e ricacciando ai margini dell'Isola (in alcune fortezze sulla costa) le truppe di una monarchia potente come quella aragonese, vide crollare il suo progetto, per "malignità della fortuna", per un'imprevedibile incognita della sorte: la peste, che consegnò senza combattere la Sardegna agli Aragonesi.

Eleonora legislatrice

Parlando della Carta de Logu non si può tacere l'apertura alla modernità di talune norme, e la saggezza giuridica che contiene elementi della tradizione romano-canonica, di quella bizantina, della giurisprudenza bolognese e del pensiero dei glossatori della stessa cultura curiale catalana, soprattutto dell'elaborazione giuridica locale delle consuetudini sarde compiute dal diritto sardo di tipo municipale.

I sovrani di Arborea nel reagire ai tentativi di infeudazione aragonese, emanarono una nuova disciplina giuridica nei loro territori, che pure erano in uno stato di perenne agitazione politica. Tale legislazione non fu episodica o sporadica, ma si segnalò come la componente di una piů vasta politica tesa allo sviluppo dello stato arborense e fu nettamente avanzata rispetto alle legislazioni giuridiche ed amministrative del tempo. Si possono citare le norme che "fanno salvi dalla confisca i beni della moglie e dei figli, incolpevoli, del traditore (cap. 1,2), specie in confronto al disposto del parlamento aragonese del 1355, per cui i figli del reo di tradimento divengono servi del signore della terra", oppure quella che ammette, nella violenza carnale a nubile il matrimonio riparatore solo nel caso che la donna vi consenta (cap. 21); quelle che contemplano il reato di omissione di atti d'ufficio (cap.35), la paritĂ  del trattamento dello straniero a condizione di reciprocitĂ , ed il controllo, attraverso "boni homines" delle successioni"ab intestatio" in presenza di minori (cap. 101).

Eleonora dimostrò con la sua reggenza di voler uscire dal medioevo puntando anche sulla liberazione dei servi, "i lieros", e di voler adibire alla propria lotta di tipo nazionale, oltre alle truppe mercenarie, quelle costituite dai suoi concittadini.

SI tratta del periodo in cui dalla storia antica si passa a quella medievale e in cui il concetto di Sardegna territoriale sta per mutare in quello statuale, con l'Isola divisa in varie entitĂ  politiche sovrane. I quattro regni giudicali di CĂ lari, Torres, Gallura e Arborea, sono complesse singolari costruzioni istituzionali, insolite nell'Europa del Mille. Piuttosto che da elementi preesistenti, essi sembrano avere origine dalla "capacitĂ  dei Sardi, liberi da dominazioni straniere ad autogestirsi" mediante forme complesse quali quelle del sistema curatoriale, l'amministrazione assembleare delle "coronas de logu" . Le prerogative regie giudicali, che non sono riscontrabili in nessun territorio continentale di formazione bizantina o barbarica, hanno una connotazione tale da togliere importanza alla matrice di provenienza e ne fa una originale organizzazione di governo.

Tra i giudicati sardi, solo quello di Arborea si propose di costruire una nazione tutta sarda. Come tutti gli stati centrali, l'Arborea dovette sempre combattere per non soccombere alle pressioni degli stati confinanti. Uno dei caratteri della sua guerra fu quello di essere di preferenza offensiva, piuttosto che difensiva, e di concepire una politica di conquista cercando di svolgere un ruolo propulsivo che riuscisse ad aggregare intorno a sé anche le energie locali degli altri giudicati.

Gli altri giudicati non seppero recepire quelle istanze e le compresero solo quando le popolazioni che erano diventate suddite del Regno di Sardegna e Corsica dei Catalano-Aragonesi si resero conto del disagio provocato dal loro dominio e si unirono all'Arborea per realizzare per la prima volta nella storia dell'Isola, una Nazione tutta Sarda, sotto le insegne dell'albero deradicato (stemma arborense).


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